Risonanza e insegnamenti perduti

by Kabbalah Pratica
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Insegnamenti perduti e ritrovati

Insegnamenti perduti e ritrovati: il metodo della Kabbalah  pratica

La Torah è forse lo scritto che più di tutti ispira nel mettersi in risonanza con la natura delle cose. Marc Chagall

Marc Chagall alias Moishe Segal – cita la Torah come fonte d’ispirazione della sua “pratica” artistica. Non è la Torah scritta però ad aver insegnato a Marc Chagall a dipingere. Lo stesso vale nella Kabbalah pratica: si esercita l’attenzione nel cogliere l’essenza del messaggio del qui e ora prima di cogliere le scintille della sua sapienza.

Insegnamenti perduti e ritrovati: il metodo della Kabbalah pratica

La Kabbalah diviene “pratica” si attivano capacità corporee preposte a “riparare” e mettere in risonanza più livelli di coscienza. Si tratta del metodo di “recupero” d’insegnamenti  perduti.

L’insegnamento “perduto” non si apprende tanto attraverso “percorsi” di studio o attraverso degli scritti. Le scritture sono strumento di ispirazione di capacità sensoriali utili, ma la Kabbalah pratica è  il “fare”.

Gli esercizi, le ritualità e le tecniche ed i livelli meditativi affinano i “piani di risonanza” sensoriale,  emozionale, spirituale, fino ad alterare la percezione fisica della realtà spazio-temporale che viviamo. E’ un processo fondato sulla Deveikut di apertura dei sensi al ricevere un insegnamento sconosciuto.

Ritrovare gli insegnamenti perduti, l’azione pratica

L’influsso sulla coscienza corporea (Shekhel MugSham –  שכל מוגשם) che genera la “risonanza” avviene in una determinata dimensione fisica-spaziale  (per esempio un tempio, una grotta, un giardino), ma solo in determinati momenti (ricordiamo: le dimensioni del mondo fisico includono anche la dimensione del tempo). Gli stati di coscienza si aprono quando si riallienano in armonia nel luogo e nell’ora: è per tale motivo che le pratiche di Kabbalah si compiono in precisi momenti dell’anno, dei mesi, dei giorni e perfino delle ore.

E’ questo il metodo che accomuna la Kabbalah all’atto creativo dell’artista: non sono le condizioni fisiche dello spazio che ci circonda a determinare l’azione, bensì la natura del tempo che viviamo.

Nello stesso modo in cui Chagall coglieva le immagini dell’angelo, annunciatori e protettori della bellezza del sentire.

non è magia, bensì il grande lavoro di trasformazione interiore.

 

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