Il lavoro di Chet è uno dei passaggi più importanti nella formazione all’utilizzo spirituale delle Lettere. Soprattutto se compiuto prima del cambiamento di luce che avviene a cavallo dei giorni solstiziali dell’estate. In questi giorni il sentire corporeo è aperto, pronto a ricevere e a dare in sintonia con la stagione la migliore luce che sappiamo nutrire.
E’ in questo momento temporale che abbiamo l’occasione di compiere uno spostamento del proprio nodo (אגד), quel punto invisibile in cui si intersecano le elittiche dei mondi che tracciano l’orbita del nostro sentire. Con Chet possiamo spostare quel nodo oltre quel “viver” egocentrico che ci divora nella nella vita quotidiana.
E’ un periodo santo in cui è possibile compiere il passaggio di una porta del tempio interiore. Come un antico rito di passaggio ecco il tempo e il modo per riprendere su un nuovo piano la via che conduce al nostro Gan Eden.
Il lavoro di Chet ח
La combinazione di due “onde” – l’alta spiritualità e la realtà quotidiana che viviamo in noi stessi – è la vera linea di partenza di Chet, la Lettera (ח) capace di compiere veri miracoli.
Ci chiede apertura, capacità di ricevere incondizionatamente l’influsso di un sentire e di aprirsi a quella azione nutrita solo dall’amore.
E’ poiché solo ai temerari Chet si dona. Quando i 12 sensi vivono in equilibrio, ecco giungere il suo influsso (השפעה). Arriva in questa stagione, quando quel che tanto desideriamo “ricevere” lascia spazio a quel che di più bello e duraturo possiamo donare.
Così il lavoro di Chet si svela per pochi attimi nei Giardini della Kabbalah: scioglie i nodi più arcani, con azioni semplici e meravigliose. Apre i cancelli di un mistico Eden verdeggiante, in cui l’energia vitale nutre e onora le anime aperte, rivelando l’insondabile dono della verità.
2 comments
Per me ammalato di civilizzazione dove il fagocitare informazioni e studiare mi fa sentire intelligente, essere messo in natura a sperimentarle, la chet e sopratutto le sue componenti zain e vav è stato, come sempre, provatorio. Mai come in questi seminari mi sento morire e rinascere. Morire nel ridimensionare il comodo ‘intelletto e rinascere nel sentire il dramma della vastità dei sensi e del corpo pungolati dalla energia vitale, come è un vagito/pianto di un neonato, . Ed è cosi che le lettere trasmutano da concetti a corpi, e mi lasciano basito.
Ho iniziato il mio percorso con Marco otto anni fa, ed ora la lettera Chet si è presentata puntuale all’appuntamento, quasi a voler festeggiare con me un “passaggio” importante.
Da sempre questa lettera mi affascina, e ciò che più mi stimola e incuriosisce è quello che della lettera non si vede, rispetto a ciò che è visibile.
All’occhio appare evidente un incontro della lettera Vav e della Zayn, che insieme, con le loro intelligenze, con i loro corpi, con il loro intento comune, danno forma ad un varco. Ma è lo spazio vuoto tra le due lettere quello che mi incanta come un bimbo lasciandomi a bocca aperta. La forma di quel vuoto mi rimanda ad una candela accesa, ad una figura che si nasconde avvolta in un mantello, ad un cavaliere templare, all’entrata di un luogo sacro, ad un luogo profondo dentro me stessa.
Ed è in proprio in quel luogo che questo seminario mi ha condotta. Con la consueta dolcezza, attraverso i suoni della natura, sotto la guida di Marco, ho raggiunto il centro del mio tempio dalle otto colonne, nel quale la luce proveniente dall’alto mi ha riempita, attraversata, rigenerata e mi ha permesso di vedere come poter muovere la mia realtà.
Sono sempre grata per questi incontri, sono linfa che scorre e alimenta il mio giardino e quindi la mia vita.
Ariel