Cosa hanno in comune sufismo e kabbalah?
Si tratta veramente di due vie sapienziali distinte e separate?
Quando ci approcciamo alla trasformazione interiore, spesso interpretiamo il nostro cammino oltre i limiti della nostra conoscenza. Soprattutto se si prova a “dare struttura” alla realtà sottile diversa da quella a cui siamo abituati.
Tra Sufismo e Kabbalah ci sono tantissime differenze, eppure non si notano contrapposizioni.
Quando proviamo ad individuare dei “collegamenti” però, l’impresa si fa ardua. Sia la via sufi che quella kabbalistica chiedono uno sforzo totale – con tutto sè stessi – di dedicarsi in modo “completo” alla via.
Eppure il loro scopo è il medesimo. Perchè quindi possiamo seguire solo una via ?
Il linguaggio della tradizione
Non esistono differenze sostanziali tra Sufismo e Kabbalah eppure sono visivamente evidentissime. Non tanto per il loro diverso linguaggio espressivo, quanto perchè entrambe possono dipendere a loro volta da molti tipi di percorso possibili.
Ci possiamo incamminare infatti in percorsi dove tutto può cambiare: la forma espressiva (comportamenti, cerimonie, dress code, etc.), il metodo (libri, tecniche relazionali, tipo di ascolto, etc.), le tecniche (rituali, respirazioni, suoni, etc.) e i “contenuti” stessi (insegnamenti sapienziali, arti, linguaggio, etc.) trasmessi per procedere, senza considerare poi la cultura e la lingua del luogo.
Tutto concorre nel fare la differenza. Pertanto è paradossale confrontare Sufismo e Kabbalah, perchè tutto dipende dalla guida che incontriamo: lo Sheik o lo Tzadik.
I percorsi sono molti, ma quando “convergono” è sempre un buon segno. Tutto dipende dall’intenzione spirituale dello Sheik o del Tzadik, i veri responsabili della tradizione originaria.
Sufismo e Kabbalah: superare la dualità
C’è chi afferma che “il sufismo non spiega la tecnica di costruzione della creazione, il sistema della creazione e la sua condotta”. Tuttavia nell’affascinante cerimonia del Sema (sufismo Mevlana) si celebra ritualmente “la creazione, il sistema della creazione e della sua condotta“. E ciò può esser colto soprattutto attraverso il linguaggio rituale e matematico del ritmo, nel quale ogni movimento avviene.
Osservando quindi Sufismo e Kabbalah come due distinti “percorsi”, rischiamo di interpretarli solo in base a conoscenze teoriche o dottrinarie, cosa che può condurci fino allo stigmatizzare, in modo inappropriato, le due vie come se fossero l’una “forma” e l’altra “sostanza“.
Il loro “segreto” tuttavia si cela nella conoscenza “vissuta” delle loro pratiche. Sono queste infatti ad aprire l’essere umano alla connessione diretta con la “fonte” sapienziale. Tutto il resto è solo studio e conoscenza.
Sufismo e Kabbalah: percorsi interpretativi oltre l’ego spirituale
Celebrati e susseguitesi nella storia, vari “maestri” sufi e kabbalisti si distinguevano sempre uno dall’altro.
Quando i loro seguaci riuscivano ad affrancarsi, il lignaggio sapienziale si rinnovava attraverso un nuovo maestro. Questo avveniva perchè la loro funzione sapienziale e di trasformazione dell’essere umano avveniva riuscivano ad andare oltre il piano mentale e dottrinale con cui si interpretano le scritture.
Quando la loro saggezza, fondata sulla parte celata dei libri sacri (per la Kabbalah è la Torah, così come per il Sufismo è il Corano) riesce ad andare oltre i percorsi interpretativi, si rivela un messaggio universale che va oltre ogni dimensione, come avvenne per Israel ben Eliezer meglio noto come il Baʻal Shem Tov ( בעל שם טוב ) o come Jalāl ad-Dīn Muḥammad Rūmī ( جلالالدین محمد رومی), conosciuto come Mevlana (مولانا).
In questo Sufismo e Kabbalah sono veramente simili: i loro percorsi sono talmente attraenti che diventano oggetto di affascinanti interpretazioni, soprattutto da parte di quell’ ego spirituale che la loro tradizione più “iniziatica” insegna a trascendere, per andare oltre.
Si tratta di un “passaggio” fondamentale che è lo scopo stesso sia del Sufismo che della Kabbalah. Ovvero occorre imparare a “usare” il libro sacro per andare oltre l’interpertazione. Pertanto avvalerci di un libro sapienziale solo per distinguere ed evidenziare la differenza da altre vie è l’esatto contrario dello scopo sia del sufismo che della kabbalah. Per questo motivo entrambe le dimensioni si fondano su una delle pratiche fondamentali da apprendere: il silenzio.
Il silenzio, quel vuoto intorno al quale ruotano le interpretazioni nel tentativo impossibile di coglierne il segreto.