Il velo nella Kabbalah
Infinite sono le dimensioni della vita. Ciascuna separata da un velo.
La tradizione kabbalista suddivide lāAlbero della Vita principalmente in quattro sezioni. Si tratta di sezioni separate da āveliā che il kabbalista impara a togliere per aprirsi ad una dimensione più luminosa e consapevole della realtĆ che lo circonda.
Cominciamo da un esempio. Permutando le lettere del nome “velo” רע×× di fatto si ottiene il nome “prepuzio” עָר×Öø× che viene reciso reciso nell’ottavo (×) giorno di vita (durante il rito di circoncisione del Brit Mila – ×ְּר֓××Ŗ ×Ö“××Öø× – il patto del taglio).
“Togliere il velo” ĆØ però qualcosa di più di un atto di celebrazione rituale.
Il lavoro sul “velo” lo si compie nelle dimensioni della via dell’Albero della Vita. In questa “via” si condensa uno dei fondamentali scopi dei lavori della Kabbalah: ritrovare il disegno segreto in cui ci siĀ riconosce. Gli approcci a queste pratiche di “ritrovare il disegno” sono molte e consentono gradualmente di aprire la coscienza in sempre più dimensioni. Dimensioni sottili ma reali, vitali, percepibili essenziali e capaci di influire nella nostra percezione sensoriale del qui e ora. Questi “piani” sono profondamente condizionati da forze che la tradizione identifica come Sephirot. “Togliere il velo” quindi non ĆØ solo un’atto, bensƬ una scelta consapevole di mettere in armonia in noi stessi quelle dimensioni che sono costantemente condizionate dalle Sephirot.
E’ l’inizio di un affascinate viaggio attraverso sĆØ stessi.
L’inizio del lavoro: conoscere il “tessuto” dei veli
Il velo ĆØ composto fisicamente da un tessuto. In ebraico si dice Bad (××) – valore numerico 6. Questo tessuto ĆØ il prodotto di un’intenzione umana che viene alla fine cucito per vestire un corpo.
Nella Kabbalah i veli – tessuti – sono quelli che cuciamo intorno ai corpi sottili in base alle capacitĆ di interagire con le dimensioni sottili.
La produzione della “stoffa” dei veli
Quattro “veli” sottili separano delle precise dimensioni. In ciascuna dimensione interagiscono forze che influenzano in modo unico i nostri sensi. Sensi che generano reazioni fisiche, psico-emotive, intellettuali e azioni comportamentali.
Non si tratta del “prodotto” dell’ immaginazione, bensƬ dell’impressione che il nostro corpo assorbe dall’ambiente circostante, impressione che alimenta la trama, il “tessuto” (Bad – ××) dei pensieri che generiamo. Questo “tessuto” diviene la stoffa che costituisce la “radice di separazione” (Bad – ××) tra l’esterno e l’interno, cosi come tra le diverse dimensioni interiori. Il paradosso sta nel fatto che il tessuto ci apre e al contempo ci chiude ai piani dimensionali più sottili.
In breve, se ĆØ possibile intuirli e percepirli,Ā nello stesso tempo possiamo perderli all’istante.
Avviene cosƬ, perchĆØ non si tratta di una speculazione che avviene sul piano mentale, bensƬ di un’apertura della coscienza su quei piani che interagiscono direttamente con il nostro sistema endocrino, con quello neurologico, con quello sanguigno e sull’intera struttura di Etz-Chaym, l’Albero della Vita.
E’ questo il punto di partenza del lavoro di pratica nella Kabbalah.